Articolo di Daniele Pustetto, co-fondatore di gruppi di studio sulla vita e la salute delle api con il metodo Biodinamico, scritto in occasione della Giornata mondiale delle api.
Andamento climatico e conseguenze sulla vita e sulla salute delle api
(situazione riferita al recente periodo invernale e primaverile, considerando le api che vivono in tutti i quadranti del centro/nord Italia)
L’andamento meteorologico generale ha mostrato un inverno piuttosto mite con scarse precipitazioni di pioggia e di neve; a metà febbraio il primo anticiclone africano si è presentato sull’Europa, determinando un sensibile rialzo delle temperature; questo anticiclone, in quota, aveva già assunto le caratteristiche estive in un momento dove la natura vegetale e animale (più selvatici) erano ancora assopiti in una forma di “letargo” invernale; per le api ne è derivata una situazione di grande dinamismo e di notevole dispendio energetico senza un adeguata compensazione di raccolta esterna (il polline era ancora scarso e il nettare pressoché assente); per effetto di questo calore anomalo, le famiglie ancora poco numerose (normale condizione di quel periodo) sono state stimolate ad ampliare la zona di covata (api nascenti in celle esagonali); questo caldo è durato circa due settimane, poi è giunto il freddo artico, con raffiche di vento gelido che ha contribuito ancor di più ad accentuare lo stato di siccità che già era presente prima; il clima invernale e l’ancora scarsa densità demografica ha indotto le famiglie a ricompattarsi nella postura “a glomere”, ricomponendo il nucleo di calore centrale, tipico della stagione fredda, alla ricerca del giusto calore, che nel caso della presenza di covata, deve mantenersi -stabilmente- sui 36 gradi centigradi; le zone periferiche della covata hanno subito un drastico calo termico e molte api nascenti sono morte di freddo, causando le prime infezioni virali; il bel tempo secco, ventilato e freddo, è continuato fino a fine marzo; le fioriture in generale, ma in special modo del tarassaco (pianta fondamentale per un ben determinato processo vitale delle api e propedeutico alla fase sciamatoria) erano poco nettarifere; la natura era in piena crisi siccitosa!
Dalla prima settimana di aprile (notare il cambiamento sul novilunio che sembra assumere un valore di imprinting che si ripete nelle successive fasi lunari) è cambiato polarmente lo scenario e le correnti umide si sono contrapposte a quelle secche; il problema è che questo cambiamento si è protratto a lungo e l’umidità, pur necessaria, è diventata un eccesso, con una costante quasi giornaliera; i rari giorni di sole erano sempre accompagnati dal vento gelido di matrice artica; Le basse temperature non favoriscono le operazioni di raccolta delle api, esse volano solo quando le temperature esterne sono sopra i 12 gradi centigradi; la differenza termica tra le zone pianeggianti e quelle di collina o di montagna non erano così marcate, tutte le zone sono state colpite dal freddo, più o meno intensamente; le poche api, pur effettuando i voli di ricognizione, trovavano ben poco cibo e -quel poco- era di scarsa qualità; le api si nutrono di nettare e polline, sostanze che si processano –qualitativamente- sotto l’influsso della luce e del calore del sole!
In questa situazione le famiglie hanno consumato più alimento di quanto ne importavano dall’esterno e i loro magazzini si sono svuotati rapidamente; già da metà aprile gli alveari cominciavano a soffrire di carenza alimentare; i primi di aprile ho tenuto un corso ad Aosta e già c’erano degli apicoltori che lamentavano questa situazione di forte carestia; alcuni di loro avevano già perso delle famiglie perché non si erano accorti che, nonostante le abbondanti fioriture già presenti, non c’era il relativo riscontro nell’importazione (le fioriture non sono sinonimo di formazione di nettare e di polline, solo con la compartecipazione di altri fattori, come la giusta umidità e il giusto calore, si avviano i processi di produzione delle sostanze fisiche e qualitative dei nutrienti: nettare e polline); i primi di maggio la situazione è peggiorata a causa di fronti freddi convogliati sull’Italia dalla risalita di anticicloni africani nelle zone del nord/est e nord/ovest dell’Europa; i primi di maggio ha nevicato a quote basse (sotto i 700 metri s.l.m.); anche in questo caso, le rare e molto brevi ore di sole erano sferzate da venti freddi piuttosto sostenuti; le visite alle famiglie erano proibitive, per questo si apriva velocemente solo per controllare la situazione delle scorte alimentari; si è dovuto nutrire le famiglie con tutte le scorte a disposizione e spesso non sono state sufficienti!
A peggiorare ulteriormente il quadro -già deficitario- è stato il carente contributo dell’influsso zodiacale dell’Ariete, che irradia la Terra a cavallo tra il mese di Aprile e quello di Maggio; da questa finestra temporale giungono forze importanti, propedeutiche alla buona stagione delle api, perché favoriscono la discesa di forze che stimolano la vigoria e sostengono la buona salute di tutta la natura vegetale oltre a quella dell’organismo alveare che con essa vive in amorevole simbiosi.
Personalmente allevo una trentina di famiglie; avevo messo da parte per loro più di due quintali di miele (conservato in telaini di scorta durante la fase di invernamento delle famiglie) e un altro quintale di scorte di miele stipato in contenitori appositi, dedicati ai “momenti difficili”; ho dato fondo a tutta questa abbondanza di scorte e, oltre a queste, ho dovuto acquistare un altro quintale di miele da Elia Infanti (lo cito perché è un ragazzo che ha molte qualità, tra cui la capacità e la sensibilità nei confronti delle api e che, per questo, merita di essere riconosciuto; la sua azienda apistica si chiama “APICOLTURA PEDRIGNE” ).
Pur in un quadro meteorologico avverso, alcune famiglie hanno dato dimostrazione di buona vigoria e salute affrontando, arditamente, il processo della sciamatura (talvolta anche con la pioggia!); gli sciami che escono “nudi” dall’alveare hanno bisogno di molta importazione per il loro sostentamento alimentare e per trasformare il miele in cera, per poi elaborarla nella costruzione dei nuovi favi che costituiscono la loro intelaiatura scheletrica e dove possono deporre le uova da cui genera la nuova vita; questi sciami, non hanno trovato una condizione favorevole e li abbiamo dovuti nutrire abbondantemente.
La questione dell’alimentazione è un argomento scottante in apicoltura, delicato e controverso; il sistema economico impone all’apicoltura (e all’apicoltore) una conduzione aziendale al limite del rispetto della vita delle api, senza nessuna garanzia per un reddito che sia congruo e dignitoso; questo reddito è condizionato dalle leggi di mercato che impongono un riduzione del prezzo e un aumento della quantità di lavoro (più api e più miele a un prezzo inferiore al suo “Regale e medicale” valore); una delle conseguenze è che l’apicoltore si trova costretto a lavorare con ritmi forsennati, svendendo dei prodotti che hanno un controvalore medicale e una qualità alimentare che li rendono unici per la salute umana ma, soprattutto, per quella delle api; mi riferisco, principalmente, al miele e al polline!
Tolto il miele e il polline dall’alveare, per convertirlo in termini di reddito, si compensano le scorte alimentari con la somministrazione di surrogati zuccherini e proteici, più o meno raffinati, più o meno qualitativi, ma sempre zuccheri e proteine che non hanno niente a che fare con il valore nutrizionale che viene conferito -all’organo floreale delle piante- solamente dall’azione solare!
Alle problematiche alimentari si aggiungono quelle della fertilità della vita dell’alveare; a seguito delle sciamature, che vedono l’uscita delle regine “vecchie” già feconde per formarsi una nuova vita in un nuovo alveare, nelle vecchie dimore nascono le principesse, le quali attendono il momento propizio per effettuare i voli di accoppiamento; questo momento propizio culmina con la presenza del sole, coi suoi raggi e col suo tepore; le principesse appena nate hanno bisogno di una settimana per diventare mature sessualmente, la natura gli concede, poi, una finestra temporale di circa 15 giorni per effettuare i voli di accoppiamento; al termine di questo periodo, le principesse, perdono la loro capacità sessuale, diventando sterili e incapaci di deporre uova fecondate dal corredo genetico dei fuchi (elemento maschile dentro l’alveare); con tutte queste nubi e questo freddo, chissà quante principesse non sono riuscite a diventare vere Regine/Madri!
In situazioni così difficili, non serve citare la frase attribuita ad Albert Einstein, basta collegarsi al senso di impotenza che si sperimenta nell’intimo di noi stessi quando ci troviamo in balia degli eventi di natura così forti e persistenti, impossibili da controllare.
La presenza delle api è fondamentale per la vita sulla Terra!
Quando la nostra coscienza giunge alla consapevolezza del significato socio/pedagogico della presenza delle api sulla Terra e del loro rapporto con l’umanità in ogni sua tappa evolutiva, si viene pervasi da uno stato d’animo di TRISTEZZA (per le conseguenze di un’opera poco lungimirante dell’uomo) e da un elevato senso di GRATITUDINE (per la loro generosa, incessante e fondamentale opera, a favore di ogni forma vivente).
Detto questo, anche oggi piove; nessuna tregua, neanche in occasione della giornata Mondiale delle Api!
Ringrazio anticipatamente quanti di voi rivolgerà un pensiero serale alle api e prenderà spunto da questa relazione per farne oggetto di ulteriori riflessioni.
Un ringraziamento particolare a quanti si attiveranno in qualsiasi forma e modo, nei limiti delle individuali capacità o possibilità.
Daniele Pustetto, Friuli Venezia Giulia, 20 maggio 2019