Proseguono i seminari monografici gratuiti rivolti agli agricoltori toscani e aperto a tutti i soci dell’associazione per l’agricoltura biodinamica, cui seguirà una lezione pratica in azienda. Il 20 febbraio si è tenuto quello sulla viticoltura di cui diamo un sintetico resoconto. Tutti i soci interessati a vedere l’intero seminario possono farlo richiedendo le credenziali all’indirizzo: info@biodinamica.org
Il seminario inizia con l’intervento di Carlo Triarico, Presidente Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, che spiega come la vite sia una pianta che più di ogni altra si è conformata all’essere umano. La vite è utilizzata dall’uomo dal neolitico e se da una parte si è plasmata sulle esigenze dell’uomo, dall’altra anche l’essere umano è stato influenzato dalla vite quando ha incontrato la fermentazione alcolica. Triarico illustra i vari tipi di fermentazione, di come hanno influenzato le popolazioni che le utilizzano nella loro alimentazione. “La fermentazione porta a coscienza tutte le caratteristiche del prodotto” spiega. “Il vino ha portato l’essere umano ad essere più individualista ma, allo stesso tempo, ha stimolato la nostra coscienza ad avvicinarsi ai territori”. Racconta poi come la vite si presti alle metamorfosi, con le sue forme diversificate, di come questa pianta perenne abbia un fusto che si sclerotizza progressivamente e di come la forza vegetativa sia potente perché continua a germogliare mentre si sclerotizza. Illustra che nel mondo vegetale le piante crescono finché non si riproducono mentre la vite continua ad avere spinta vegetativa germogliante anche dopo la fase riproduttiva. E questa è un’eccezione nel mondo vegetale. Spiega come la vite abbia un gesto ascensionale, quello vegetativo e, insieme, anche un gesto avvolgente, a spirale, di tipo orizzontale, quello nutrizionale. L’ elemento vegetativo è annuale mentre quello nutrizionale è biennale, due cicli affiancati di cui il contadino deve avere conoscenza. Parla poi degli internodi che crescono di lunghezza in cima al tralcio, narrando la storia mitologica della nascita della vite dal polpaccio di Giove, di come Ulisse fece ubriacare Polifemo e di come la vite europea sia sopravvissuta grazie alla vite americana. Illustra infine il rapporto della luce e del calore con la vite, le tre disposizioni delle foglie della vite e dà indicazioni pratiche per la coltivazione: dall’importanza dell’impianto di un vigneto alla cura della vitalità del terreno e della struttura fisica del suolo, dai portainnesto alla concimazione biodinamica, dal pianto della vite all’agostamento.
Direttamente dalla vigna dove stanno potando, Helena Variara racconta l’esperienza dell’Azienda agricola Colombaia di Colle Val d’Elsa in provincia di Siena. Si tratta di un’azienda vitivinicola biodinamica di 3,9 ettari. “La biodinamica ci ha insegnato ad essere agricoltori ed è stata fondamentale per capire i ritmi della pianta” dice Helena. Spiega come producono nel rispetto della pianta e nel rispetto di chi beve il vino, in purezza nella vigna e nella cantina, senza fare eccessivi interventi. È preoccupata della primavera anticipata che stiamo vivendo, segnale dei cambiamenti climatici in atto che loro cercano di contrastare adottando come stratega le tecniche biodinamiche, a partire dal sovescio, dalle attente potature, dall’inerbimento completo del suolo, dall’uso dei preparati all’uso delle tisane, ortica, camomilla, equiseto, nebulizzate al tramonto, soprattutto nei momenti di maggiore siccità. Oltre all’uso del calendario delle semine per realizzare le giuste lavorazioni nei giusti momenti, nel campo e in cantina. Consiglia, a chi intende approcciarsi alla biodinamica, un’attenta osservazione della propria realtà, lo studio del metodo e, soprattutto, avere coraggio e iniziare a praticarla. Da loro, racconta, il suolo era molto argilloso, ma dopo aver iniziato a dare i preparati da spruzzo c’è stato un incredibile cambiamento: in un solo anno la terra è diventata friabile e profumata. La trasformazione è stata reale.
È poi il momento di Cristina Marello, Agronomo, Consigliere Associazione per l’agricoltura biodinamica con un intervento sulla gestione della vite in agricoltura biodinamica. Spiega come l’organismo agricolo comprenda l’agroecosistema ma non si esaurisca in esso. È dinamico, complesso, biodiverso. La biodiversificazione dell’organismo agricolo deve essere accuratamente pianificata nello spazio e nel tempo. Il gelso, i salici, il cerro, le rose, possono portare vari benefici, ma anche piantumare altre specie che non “servono” è comunque importante per la biodiversità. Illustra poi il concetto di fertilità, che nella sua definizione classica è la capacità di un suolo agrario di sostenere una produzione. In biodinamica si allarga il concetto di produzione includendo tutte le esternalità e i benefit che un organismo agricolo può generare. Spiega poi le pratiche di fertilità e gli indicatori per monitorarla come la QBS, Qualità Biologica del suolo e l’indice fitopastorale del cotico erboso. Illustra le minacce alla fertilità del terreno e l’importanza dell’analisi sui punti di forza e debolezza, sulle minacce e sulle opportunità dei nostri suoli. Sulla difesa fitosanitaria spiega come le malattie siano espressioni naturali del continuo evolversi e mutare degli equilibri biologici di un agroecosistema. Maggiori sono le disarmonie e le forzature maggiori sono le malattie. Come impostare quindi la difesa in viticoltura? Prevenzione, azioni dirette (pratica, sostanze, macchinari) e osservazione. Dalla gestione della chioma alla distribuzione dei prodotti, dai prodotti fitosanitari ai concimi fogliari. Conclude con una importante riflessione sul patrimonio varietale esistente – a livello mondiale ci sono 1300 varietà di vite, in Italia 600 – sugli Ogm e sugli Nbt (new breeding techniques).
Torniamo sul campo con l’intervento di Marina Tinacci Mannelli, dell’azienda agricola Mulini di Segalari, di Castagneto Carducci (LI). Racconta come nel 2001 abbiano acquistato un terreno costeggiato da un ruscello, la sfida per regimentare le acque, restaurare i ruderi e coltivare i terreni. Nel 2003 il primo impianto di vigneto naturale, inerbito per mantenere la biodiversità con l’erba piegata, come pacciamatura, solo dopo che i fiori sono andati a seme per lasciare il polline agli insetti. La fertilità è l’obiettivo principale perseguito attraverso l’applicazione delle pratiche biodinamiche, dal corno letame al corno silice fino al sovescio (miscela autoprodotta di leguminose, crucifere e graminacee). Da 10 anni il concime organico non viene più dato nel vigneto e le piante hanno iniziato ad essere più attive, reagiscono meglio agli shock climatici come la siccità, agli agenti patogeni o ad altri stress. Non viene fatta cimatura ma arrotolatura dei tralci con i wwoofer che li aiutano e la potatura ramificata con il taglio dei tralci di un anno. Il compost con raspi, vinacce, foglie e letame maturo a cui vengono aggiunti i preparati da cumulo che, dopo un anno, viene distribuito solo nei nuovi impianti. Fanno ricorso anche agli oli essenziali di agrumi, ai macerati di ortica e ai decotti di equiseto. L’affinamento del vino avviene nelle botti di rovere e nelle giare di terracotta. Conclude con la descrizione della stazione metereologica e del drone utilizzato per costruire le mappe di vigore e per fare una vendemmia mirata nella logica dell’agricoltura di precisione.
La parola poi passa a Camillo Zulli, Enologo di Cantina Orsogna, in collegamento dall’Abruzzo. Racconta che Cantina Orsogna è nata nel 1964 da 35 vignaioli che si erano uniti per affrontare insieme il mercato. Oggi sono 900 soci di cui circa 450 in attività, 1200 ettari, il 90% biologici e con il 35% della produzione certificata Demeter. La Cantina si trova in Abruzzo in provincia di Chieti ad un’altitudine di circa 500 m slm, a 15 km dal mare e altrettanti dal massiccio della Maiella. Le caratteristiche climatiche consentono di produrre vini di qualità grazie a escursioni termiche che permettono maturazioni molto regolari e protezione di fronte agli attacchi dei parassiti. La qualità dei vigneti è quindi legata al clima ma anche alla forma di allevamento a tendone, alla raccolta a mano delle uve, al fatto che i vigneti non sono irrigati ma hanno un terreno ricco di sostanza organica grazie alla coltivazione biologica e biodinamica. L’allevamento prevede una potatura ridotta e nessuna cimatura, riducendo così il rischio delle malattie fungine. I vitigni sono prevalentemente autoctoni. Molto interessante il bilancio della sostanza organica del suolo illustrato da Zulli e le tecniche utilizzate per ridare fertilità alla terra, attraverso l’interramento dei residui di potatura, i sovesci misti di graminacee e leguminose, la letamazione biennale da cumuli composti anche da vinaccia e l’utilizzo di attivatori microbici del suolo come il preparato 500, allestito dai soci produttori. Tra novembre e aprile circa 4000 pecore pascolano nei vigneti dove viene seminata la Sulla, molto apprezzata anche dalle api. Per la difesa ci sono 12 stazioni metereologiche che hanno aiutato a ridurre l’uso del rame. Le uve biodinamica sono ricoperte da una ricca micro-vita che è indispensabile per le fermentazioni spontanee, come viene indicato anche nelle etichette dei vini biodinamici prodotti. L’ultima frontiera di Cantina Orsogna è rappresentata dai “Vini vivi”: vini biodinamici non filtrati, senza solfiti aggiunti. E il packaging è tutto ecologico e plastic free.
Interviene infine Marco Serventi, Ispettore Demeter, Segretario generale Associazione per l’Agricoltura biodinamica, con un intervento sul disciplinare Demeter per la viticoltura. Inizia con una riflessione sui risultati della viticoltura biodinamica in Italia, l’importanza della cooperazione, la variabile della socialità, la complessità e l’evoluzione verso l’individualità agricola per la nutrizione, anche spirituale, dell’uomo. Il focus primario sul suolo passa dai rapporti tra luce e aria, dalla respirazione del suolo, dalla circolazione dell’acqua e dalla intelligenza radicale delle piante ed è un atto d’amore quello che l’uomo realizza quando cerca di conoscere il suolo e, invece di dominarlo, gli permette di esprimere, attraverso la piante, se stesso. Il focus secondario è la biodiversità che mette in una relazione di collaborazione gli esseri viventi. Un rapporto che, nel lungo periodo, descrive il respiro di un paesaggio, una complessità di relazioni che non possono essere identificate in un singolo fattore. Altri focus sono quelli sui ritmi, su intensificazione e attenuazione, sulla riduzione degli input esterni e sulla comunità di lavoro, tutti finalizzati alla cura dell’insieme. E l’importanza della soglia di sostanza organica nel terreno che dovrebbe essere almeno il 6%. Da qui la storia del marchio Demeter, come garanzia di qualità e segnale di riconoscimento per sopperire alla mancanza di rapporto diretto tra i consumatori e i produttori. Lo standard Demeter sulla produzione indica alcuni criteri: il 10% della Sat deve essere destinata alla biodiversità, l’utilizzo dei preparati da spruzzo, evitare di pressare il terreno e in generale di fare lavorazioni quando non è necessario, avere gli animali in azienda, sia quelli di allevamento che quelli selvatici, inclusi quelli di passaggio. Ed poi la descrizione di dettaglio dello standard del vino, che specifica che il lavoro eseguito in cantina è un perfezionamento di quello eseguito in vigna ed esplicita tutti i divieti tassativi e la procedura per arrivare all’alta qualità organolettica del vino biodinamico.
Chi è interessato a visionare il seminario può farlo richiedendo le credenziali all’indirizzo: info@biodinamica.org